Sembra un angelo malato, la testa reclinata sull’aureola bionda contro la spalliera della poltrona di velluto. Sembra, cioè sembro. Quell’angelo malato sono io, la sua immagine riflessa nella grande specchiera inglese dell'anticamera. Si guarda, mi guardo. Sta cercando di studiare filosofia, ma il ticchettio aritmico dell’orologio a pendolo lo esaspera: sembra che stia per morire, il suo rantolo è insopportabile. I suoi pensieri vagano fuori della finestra frustati dal vento in questo maggio orribile. E in salotto c’è Antonia seduta sul divano con suo fratello ed alcuni amici. E c'è Frédéric seduto davanti a lei. Abbandona il sillogismo aristotelico, chiude il libro e attraversa il salotto con l'aria di chi è lì per caso, facendosi forte del fatto che in fondo è in casa sua e nessuno può trovarci da ridire. Raggiunge la stanza del camino, che scoppietta allegramente, appena alimentato da Teresa; nonostante la primavera avanzata fa freddo, al caldo eccessivo di aprile è subentrato un maggio gelido: il clima sembra impazzito. Tende le mani verso il calore del fuoco e si siede in poltrona. Io mi spengo, lui accende il televisore abbassando il volume: ha lasciato di proposito la porta aperta per seguire con la coda dell'occhio quel che accade in salotto. Trasmettono l'ennesima replica di Una poltrona per due, oltre tutto fuori stagione: la scena del circolo, manco a farlo apposta. Per dare l'impressione di essere occupato in qualcosa prende in mano una rivista, una specie di catalogo di belle donne e begli uomini senza nessun contenuto. Mentre finge di osservare una bionda che esibisce seni siliconati attraverso trasparenze nere a sostegno di qualche entimema idiota, dall’altra parte lei chiacchiera con gli amici di suo fratello, tutti zona Val Salice, Crocetta o precollina, tranne Sergio che non a caso ricalca pedissequamente l’atteggiamento di Michele, che poi a ben guardare è quello di tutti i maschi presenti. Le ragazze, rigorosamente griffate, fumano e chiacchierano di argomenti femminili. Lui pensa mi fai schifo, e lo pensa così forte che lei lo sente: si volta verso di lui con un sorriso e lo saluta come se lo vedesse solo ora. Anche gli altri gli fanno un cenno di saluto, presto riassorbito dal disinteresse generale. È questo l’atteggiamento abituale degli adulti nei suoi confronti: nessuno gli vuole male, nessuno gli vuole bene, lo trattano con indulgenza e superiorità, come un animale strano ma innocuo. Intanto intavolano il solito discorso politico. - Come si spiega il suo successo in Sicilia? È colluso con la mafia, è evidente: c'è solo da sperare che i magistrati lo incastrino. - Ale, d’accordo che sei figlio di un giudice, ma credimi, sei rimasto l’unico a credere che Tangentopoli sia stata un fenomeno spontaneo. La magistratura italiana non garantisce più la certezza del diritto. Senza offesa, eh. - Sono illazioni, Maurizio: non c'è niente di provato. Michele interviene con pacatezza: - Ci sono buone ragioni per credere che le cose stiano come dice Maurizio: è stato un fenomeno pilotato. - Scusa, sulla base di cosa lo dici? - È un po' lungo da spiegare. Tutto parte dopo la seconda guerra mondiale, dagli Stati sconfitti vicini ai paesi dell'area socialista, come l'Italia. - Certo che se cominci dalla preistoria... - Faccio in fretta. Questi Paesi, sotto la guida degli USA, hanno optato per politiche stataliste e pseudo-keynesiane, il cosiddetto Welfare State. C'è stato un enorme ampliamento della spesa pubblica, con corrispondente aumento del cosiddetto debito pubblico. - La nostra piaga. - Questo è quello che ci vogliono far credere. In realtà il debito pubblico è fisiologico in uno Stato sano, altrimenti mi spieghi come la Francia avrebbe mai potuto realizzare, che ne so, il canale di Suez? Con i risparmi dei cittadini? In economia si è persa la nozione dell’ovvio, o meglio hanno voluto farcela dimenticare. All’università hanno praticamente abolito Keynes, ci fanno studiare una macroscopica sequela di idiozie. - Va’ avanti. - Gli USA tolleravano la situazione, anche se la spesa pubblica non riguardava gli armamenti come da loro, ma la spesa sociale, pensioni, sanità, eccetera. In quegli anni si stava bene in Italia, ma eravamo seduti su una bomba a orologeria senza saperlo. - Miky, lo sappiamo tutti cosa è successo con la prima repubblica: corruzione, sperpero, appropriazione indebita di denaro pubblico e chi più ne ha più ne metta. - Se è per questo, Ale, ci aggiungo anche gli apparati dirigenti delle grandi imprese poco o nulla competitivi e abituati a vivere di finanziamenti statali. Corruzione, sprechi eccetera: tutto vero, ma non rileva. - Come non rileva? - Non è importante. La cosa importante è che in quegli anni la politica in Italia era in mano ai grandi imprenditori e ai politici che manovravano la spesa sociale. Con la caduta dell'URSS sono venute a cadere anche queste politiche: dal punto di vista degli USA non avevano più senso, strategicamente non eravamo più così importanti. - E quindi? - E quindi doveva succedere una finta rivoluzione che spazzasse via quella classe politica, corrotta ma statalista. Te la faccio corta: in sostanza bisognava trovare una scusa per impedire la spesa pubblica. Tangentopoli è stata questo, nient’altro che questo. Quella classe dirigente non aveva nessuna voglia di sloggiare con le buone, perciò si sono mossi i settori politici di sinistra disponibili al progetto americano: la gioiosa macchina da guerra, te la ricordi? E poi Mani Pulite, magistratura di sinistra, guarda caso nello stesso anno di Maastricht. - Non ti sembra di esagerare? - Non esagero affatto. La gente faceva festa, tirava le monetine addosso ai politici, senza rendersi conto che festeggiava la sua dichiarazione di morte. La gente sa essere molto stupida: per questo i politici hanno gioco facile. - E gli Stati Uniti? - Te l'ho detto, sono loro i responsabili: il cambiamento di rotta è stato pilotato da loro. Sono la patria del liberismo. Di qui anche il progetto di moneta unica, che di fatto significa zero sovranità monetaria e quindi debito garantito e Maastricht e tutto il resto, insomma tutto quello che ci è stato spacciato per il mito dell'Europa unita. - Il tuo ragionamento fa acqua da tutte le parti, Michele: il Cavaliere non è di sinistra, ma da Tangentopoli è emerso proprio lui. - Il Cavaliere è stato costretto a scendere in campo perché aveva perso i suoi referenti socialisti, invischiati nel malaffare tangentizio. Ha fatto temporaneamente fallire i piani della sinistra e dei suoi sponsor internazionali, ma è solo questione di tempo: basta vedere l'accanimento giudiziario che si è scatenato contro di lui. Interviene inaspettatamente Frédéric: - Ce la faranno, e per noi sarà la fine. Michele conferma: - Ci ammazzeranno di tasse e tagli con la scusa del debito pubblico. E poi chissà cos'altro s'inventeranno. Questo, ragazzi, giusto per farvi capire dove sta la vera mafia. - E poi scusate, - interviene Maurizio - chi se ne frega se è un mafioso. È il solo personaggio rappresentativo di questo cesso di paese. - Assolutamente d'accordo, Maurizio. - conferma Guido - Basta e avanza che faccia i nostri interessi. Michele scuote la testa: - Io invece non mi aspetto niente di buono, Guido. La politica è una cosa seria, non è come mettere su una squadra di calcio o vendere prosciutti in tv. Fino a quando potrà continuare a rincretinire la gente? E con quali effetti? Una generazione di rimbambiti sarà facilissima da governare per le mafie internazionali. - I cuginastri hanno imparato da noi, Michele: la squadra di calcio, il controllo di stampa e tv chi li ha inventati in Italia? Solo che lui è più bravo, bisogna riconoscerlo. Suo fratello è molto elegante oggi: indossa un maglioncino girocollo di cachemire azzurro polvere su una camicia bianca e pantaloni di velluto a coste color crema. Nonostante la sua tendenza all’understatement, è un ragazzo interessante, anche se non bello in senso classico; i suoi lineamenti pronunciati e un po' irregolari lo fanno assomigliare ad un giovane Gregory Peck. In ogni caso i ricchi piacciono sempre alle donne. Una bruna dal seno prorompente gli sorride. Antonia non se ne accorge neppure. Il dibattito politico degenera: - Io al suo posto sarei già partito per le Bahamas e chi s’è visto s’è visto. - Dovremmo accendere un cero tutti i giorni per ringraziare che non lo faccia. - Tutto quello che vogliono i sinistri è spalarci addosso quintali di merda extracomunitaria. - Già, il famoso piano Kalergi. - Guardate lo schifo di San Salvario, per non parlare degli zingari alla Falchera. - Comunque, ragazzi, pensate alla scelta intelligente degli alleati: il nord leghista è tutto con lui. - Vabbè, non è che ci voglia chissà che intelligenza per essere xenofobi. - Xenofobi un cazzo: cos'è, se non mi va di farmi accoltellare mentre torno a casa sono xenofobo? Se non voglio pagare il pizzo ai posteggiatori abusivi sono xenofobo? E se mi rigano la macchina da chi vado a protestare, dai vigili che fanno finta di non vedere e mi multano per divieto di sosta? Venduti del cazzo, come tutte le forze dell’ordine. - Tre quarti del mondo ci vogliono morti. - Ci credo, crepano di fame. - À la guerre comme à la guerre. Che gli dovremmo dire? Prego, venite pure a scannarci che noi togliamo il disturbo? - A proposito, la sapete l’ultima sul senegalese che vuole iscriversi al Lions? La racconta: non è affatto divertente. Tutti ridono, tranne Michele, assorto nei suoi pensieri, Frédéric, indecifrabile come sempre, ed Antonia, che, appoggiata all’indietro contro lo schienale, dondola la gamba destra accavallata in modo da lasciar intravedere il reggicalze. Commicta lupa. Frédéric fissa la parete davanti a sé con un pallido sorriso. Antonia sta facendo breccia in qualche modo nei suoi sensi distratti. - Comunque è un genio. È riuscito dove gente più potente di lui ha fallito, e tutto grazie alla pubblicità. Conosce a memoria Orwell e lo applica alla lettera: tanto in questo paese sono tutti idioti, manco se ne accorgono. - Io fossi in lui chiuderei tutto e partirei per le Bahamas, ve l'ho detto. - Più che giusto. All’improvviso Antonia interviene nel discorso: - E perché non lo fa? - Non ti rispondo nemmeno, talmente è ovvio. - Cosa è ovvio? - C'è troppa gente che dipende da lui, mica può chiudere dall'oggi al domani. Guarda il centro commerciale che ha appena messo su a Grugliasco. Ale dissente e si lancia in una polemica in difesa dei piccoli commercianti. Il discorso si fa troppo qualunquista, non interessa più a nessuno. Si sente una serie di squilli. Teresa appare sulla soglia e comunica che il signorino Michele è desiderato al telefono. Il signorino si alza per rispondere facendo un gesto agli amici come per dire torno subito. La bruna lo segue con lo sguardo e lui le strizza l’occhio prima di scomparire nella stanza accanto. - A proposito, Giancarlo ha passato un mese in crociera con suo figlio, lo sapevate? C’era anche la troietta del calendario di Max. Giorgio incomincia a raccontare aneddoti spinti: le ragazze si fanno attente, Frédéric si alza e si mette a guardare la pioggia fuori della finestra, con le mani in tasca. Si sente la voce di Azzurra, l'intellettuale del gruppo femminile: - Ragazzi, dobbiamo proprio parlare di argomenti del genere? - Per favore, Azzurra, non cominciare. Qui più che di politica non si parla. Un par di palle. - Perché, le storie di corna sono più interessanti, Mariaelena? Marco lancia un appello: - Corna? Alzi la mano chi è sicuro di non averle. Tutti ridono e nessuno alza la mano. Si verifica un frenetico scambio di sguardi fra ragazzi e ragazze. Frédéric si volta, appoggia le spalle al muro e rivolge un breve sguardo a lei; poi sposta gli occhi verso la sala del camino: - E tu, Emmanuel? Si guarda attorno: non c’è nessun altro Emmanuel. - La tua ragazza ti mette le corna? Numerose paia di occhi si posano su di lui. Spegne il televisore. - No. - Come fai ad esserne così sicuro? - Perché non ce l'ho, la ragazza. Si alza, esce dalla stanza e torna a sedersi davanti a me. Questa volta chiude la porta, ma si distinguono bene le voci che provengono dal salotto. Suo fratello è ancora al telefono, non può sentire. Voce di Frédéric: - Il fratellino sta diventando un bel ragazzo, non trovate? Voce di Ale: - Sì, ma ha qualcosa che non mi convince. Interviene Maurizio: - Sentiamo le ragazze. Tu che ne pensi, Azzurra? - Lo trovo maschilmente insignificante. - E tu, Mariaelena? - I ragazzini non sono il mio genere. Se proprio devo, preferisco i cinquantenni. - Stellina? - Be', ad essere sincera io lo trovo arrapante. Ha una bocca... - Sei lesbica, Stellina? Risate. - E tu, Antonia? Che ci dici del tuo cognatino? Un attimo di esitazione. - È un ragazzo particolare. - Particolare in che senso? - Molto sensibile. - Anche troppo direi: se l’è data a gambe. - È normale, ha solo sedici anni. Frédéric l'ha messo in imbarazzo davanti a tutti e vorrei proprio sapere perché l'ha fatto. La sento accendersi una sigaretta. Maurizio ridacchia: - Io a sedici anni ero più sveglio. Lui ha l’aria di uno che gioca ancora con le bambole. - Perché le bambole? - Stava leggendo una rivista femminile. Un coro di risate. Antonia si impone: - Adesso basta, okay? - Dai Antonia, non è che la prendi un po' troppo sul serio la tua parte di cognata? - Parliamo d'altro, per favore. Il discorso finisce qui, ma lui non lo saprà mai, perché s'è alzato e s'è chiuso in camera sua. Verso sera lo vedo uscire e dirigersi in cucina: chiede una cioccolata calda a Teresa, che gliela prepara subito. Mentre torna in camera incrocia Antonia sulla soglia del guardaroba, col soprabito sul braccio. - Che ci fai qui? Dovresti essere a studiare. La guarda senza dire nulla. Lei lo spinge dentro il guardaroba, gli fa una carezza sulla guancia e gli stampa un bacio in fronte: - Ci vediamo domani al fiume. Mezz'ora dopo, mentre sua madre lo sta cercando per la cena, non gli è facile spiegarle cosa ci faccia seduto per terra dentro il guardaroba, arrotolato nella sua pelliccia di visone selvaggio.