(Più tardi, in camera) - Non ho portato il pigiama ovviamente, la sosta notturna non era prevista. Mi tocca dormire in mutande e maglietta. - Pure io, tesoro: ce ne faremo una ragione. Del resto le lenzuola sono pulitissime. - Non è questo, è che mi sento un po’ in imbarazzo con la mia maglietta larga e le mie mutandone: ho addosso i miei soliti boxer di cotone con i paperi azzurri, lo so che sono patetici. - Ti stanno benissimo, pulcino: fanno un sacco di tenerezza. E poi a te sta bene qualunque cosa. - Io porto della biancheria intima molto modesta, non ci bado a queste cose. Tu invece hai un intimo molto elegante, maglietta e pantaloncini coordinati, neri con bordini bianco argento. - Sì, mi piace trattarmi bene. È Calvin Klein. - Quello per cui avevo fatto il servizio delle mutande? - Quello. - Hai un fisico praticamente perfetto, asciutto e muscoloso: non hai un filo di pancia. - Stai cercando di dirmi in modo gentile che per la mia età sono ancora abbastanza in forma? - No, sto dicendo che sei in forma in assoluto, non “per la tua età”. - Cerco di non lasciarmi andare, ragazzo mio. - Non fa per niente caldo qui dentro: penso che terrò i calzettoni. Mutande larghe e calzettoni di lana, devo essere davvero ridicolo. - Tutto tranne che ridicolo, credimi. Ora mettiamoci sotto le coperte e buona nanna. - Va bene, Gianni. Buona notte. (Silenzio) - Gianni… - Sì? - Questo piumone estivo è un po’ troppo leggero, non trovi? - Sì, fa frescolino. - Direi freddo: d’accordo che è maggio, ma siamo in alta montagna e il riscaldamento dovrebbero tenerlo acceso anche di notte. Oltre tutto siamo senza pigiama. Pensavo… - Pensavi? - Ecco, pensavo che potremmo accostare i lettini e tenerci un po’ caldo a vicenda. - Hai così freddo, passerotto? - Sì. E poi mi sento solo. - Solo? Ma che dici: se siamo qui insieme! - Solo fisicamente. Mi tratti come un estraneo. - Non ti tratto affatto come un estraneo: ti tratto come un cucciolo di marmotta che ha bisogno di dormire per svegliarsi domattina bello riposato. - Sì, ma i cuccioli di marmotta hanno la pelliccia: avremmo dovuto portarci in camera un paio di pellicce, invece di lasciarle tutte in macchina. - Mi pare che tu stia esagerando un po’. - Non so che dirti: nonostante i calzettoni ho i piedi gelati. - Forse hai preso troppo freddo quando ti cambiavi le pellicce a torso nudo a tremila metri. Colpa mia. - Ma no, non è colpa tua: è che io sono molto freddoloso. - Non avrai mica un po’ di febbre? - No, niente febbre: a parte il freddo sto benissimo. Solo un po’ di mal di pancia per via di tutti quegli alcolici. Sono uno stupido, lo so che non dovrei bere così tanto: in passato ho avuto dei problemi abbastanza seri al fegato. - Epatite da buco, passerotto? - Gianni… - Lo immaginavo. Devi stare attento, tesoro, tu sei facile preda di tutte le seduzioni, è facile spingerti a fare cose sbagliate. Perché non me ne hai mai parlato? Ti avrei impedito di bere superalcolici. Comunque, se hai mal di pancia, devi proprio stare al caldo. Senti, i lettini sono abbastanza larghi, quasi una piazza e mezza: non c’è bisogno di accostarli, ci stiamo in due. Dai, vieni qui. - Davvero posso? - Ma certo che puoi. (S’infila nel letto di Gianni) - Ora mi sento molto meglio. Posso stare così o ti dà fastidio? - Ma certo che puoi, angelo. (Qualche minuto di silenzio) - Gianni, devo chiederti una cosa. - Cosa? - Io non lo so se quello che mi avevi detto era vero. Avevi detto che eri innamorato di me, ma poi te n’eri dimenticato nel giro di poche ore. Insomma, non ci ho capito niente. - Ho detto una sciocchezza, cucciolo. - Quale sciocchezza? Che mi amavi? - No, che me n’ero dimenticato. Ovviamente non ci si può disinnamorare nel giro di poche ore. - Ma quindi… - Sì certo tesoro, sono ancora innamorato di te. - Gianni, io ho l’impressione che tu mi voglia bene davvero, e spero di non sbagliarmi. - Infatti non ti sbagli: provo per te dei sentimenti piuttosto rari nel loro genere. Non la solita cotta, voglio dire. - Davvero? - Davvero. - Allora voglio che tu sappia una cosa: anch’io li provo per te. - Questo è molto generoso da parte tua. - Perché dici generoso? Non c’è bisogno di generosità per amarti: tu sei un uomo speciale, intelligente, attraente, affascinante, colto, spiritoso… Completamente diverso da tutte le altre persone che ho conosciuto. E poi ha quell’ironia surreale che ti rende assolutamente irresistibile. - L’ironia è necessaria per vivere, angelo mio: se prendi le cose sul serio è finita. È tutto così terribilmente triste e mediocre, tutto talmente grigio… E tu sei un raggio di luce, non posso fare a meno di amarti. - Mi dici sempre delle cose bellissime, Gianni. Grazie. Non hai idea di quanto io ne abbia bisogno. - È quello che penso, in tutta sincerità. (Un silenzio) - Gianni, se vuoi, io sono pronto. - Pronto per cosa? - Pronto a fare quello che vuoi. Adesso. - Secondo te io cosa voglio, marmottino? - Non so… Pensavo… ecco, pensavo che tu desiderassi fare l’amore con me. - Certo che lo desidero, cucciolo mio: lo sto desiderando con tutto me stesso, e credimi, devo esercitare un notevole autocontrollo per non lasciarmi andare. - Non devi esercitare nessun autocontrollo, Gianni: lasciati andare. - Non posso. - Non puoi? Ma perché? - Lungi da me fare il moralista, non è nelle mie corde: non è questo il punto. Voglio essere assolutamente sincero con te: non è la prima volta che vengo qui in compagnia di qualche maschietto, ed effettivamente abbiamo fatto sesso. - Ecco, vedi? Ma allora… - Attento alle parole che ho scelto, tesoro: io non uso mai le parole a caso. Ho detto che abbiamo fatto sesso. Io con te non ho nessuna intenzione di fare sesso: è una cosa che non ha niente a che fare con quello che provo per te. - Gianni, non capisco: io ho sempre pensato il contrario, cioè che amare una persona sia la condizione ideale per farci sesso. Anzi, credo che sia proprio l’unica adatta: il sesso senza amore è squallido. - Senza dubbio, pulcino, ma dipende dalle circostanze: in questo caso, se noi facciamo sesso, distruggiamo tutto e finiremo per non rivederci più. È questo che desideri? Bada, se mi dici di sì ci sta che io ti accontenti, perché anch’io non vorrei rivederti mai più se tu mi dicessi che ti sta bene una cosa del genere, e allora tanto varrebbe farci una memorabile scopata e chiuderla lì. - No Gianni, assolutamente no. Non so cosa farmene della memorabile scopata, se poi non ci rivediamo più. - E allora, musetto mio, dobbiamo continuare a stare così, abbracciati e basta. - Ma perché? Davvero, non capisco il tuo ragionamento. Io lo desidero sul serio, non mi sentirei affatto forzato. - Cucciolo, lo so che alla tua età hai dei forti istinti sessuali, sarebbe strano il contrario, ma credimi, non è proprio il caso che li sfoghi con me. Meglio da solo in bagno, piuttosto. Ti aspetto qui. - Ma cosa dici, Gianni? Mi fai vergognare! Io non farei mai una cosa del genere. Non sono mica una bestia, eh, anche se tu continui a paragonarmi a tutti gli animaletti che ti saltano in mente! - Lo immaginavo, perché di fondo sei candido come un angioletto. - No, guarda che ti sbagli: in passato ho fatto anche delle cose parecchio sporche. E non è la prima volta che ho un rapporto omosessuale: ne ho già due alle spalle. - Immaginavo anche questo. Il discorso cade a proposito, poi ne riparliamo. - Gianni, sul serio, non ho proprio capito perché non posso farlo con te: tu sei l’unica persona con cui lo farei in questo momento. Io ho amato moltissimo una donna, quella dalla quale ho avuto il figlio, ma non riesco più ad amarla, perché lei mi ha umiliato. - Sarebbe strano il contrario: non si può amare qualcuno che ci umilia. - Appunto. Le voglio ancora bene, e a dire il vero ci faccio sesso ogni tanto. Fisicamente mi piace, ma ogni volta mi sento sporco. - Vuol dire che sei sano: sano nell’anima, intendo. È l’anima che ama, non il corpo, e se l’anima vede che il corpo fa delle cose brutte, ci rimane male. - Sì, è proprio così. Invece tu mi fai sentire speciale e bellissimo, mi sembra di volare quando sto con te: e allora perché è sbagliato fare sesso fra noi due? - Ascoltami, passerotto: prima ti ho detto che bisogna usare le parole in modo appropriato. Anche tu hai studiato al classico, e quindi lo sai. Le cose vanno sempre chiamate con il loro nome: altrimenti, come insegnano Orwell e Epicuro, si altera completamente la percezione della realtà. - Sì, lo so. - E allora da’ un nome alle cose: come si chiama la cosa che vorresti che io ti facessi ora? - Ecco… sicuramente qualcosa di non violento, non volgare. - Sforzati di darle un nome, tesoro: come si chiama quel qualcosa di non violento e non volgare? - Gianni, io… scusami, sono in imbarazzo. - E poi non mi hai detto cosa vuoi, ma cosa non vuoi: in pratica mi stai dicendo che non vuoi che io abusi del tuo adorabile sederino, o sbaglio? - No, non sbagli. Non sarebbe proprio in tono con il tuo personaggio, anche se… - Anche se? - Be’, suppongo che non sarebbe la prima volta che lo fai, visto che venivi qui con i tuoi amichetti. - Certamente: l’animale che è in me ha preso spesso il sopravvento. Ma è questo che vuoi? - No, Gianni: questo degraderebbe la tua immagine ai miei occhi. Mi fa male anche solo pensare a te che fai queste cose con altri ragazzi. - Perfetto. E allora dimmi cos’altro vorresti che io ti facessi, o cosa vorresti fare tu a me. - Gianni, dannazione, mi stai mettendo in croce. - In croce perché? Perché ti costringo a chiamare le cose con il loro nome? - Sì lo so, hai ragione. Provo a rispondere: io vorrei che tu mi facessi qualcosa di dolce. - Dolce. Sì, capisco. Ma diamogli un nome, a questo qualcosa di dolce. - Devo proprio? - Assolutamente sì, altrimenti non guardi in faccia le cose.