(Più tardi, al pub-discoteca. Chiacchiere, rumore di ristorante e musica). - Pour moi, une bière rousse, peut-être une Bulldog si vous en avez une, et du fish and chips avec un peu de sel et de vinaigre. Pour le garçon, des nachos avec du guacamole et du cheddar fondu, pas de bacon s'il vous plaît, car il est végétarien, des frites avec du ketchup et une Golden Ale. - Gianni, ti giuro, mi fai sentire un rozzo imbecille al tuo confronto. - Tu non sei nulla di simile ad un rozzo imbecille, gioia: sei semplicemente ruspante, come si addice alla tua specie. - Oh insomma, in definitiva non sono una marmotta. - Dici? Ti assicuro che l’illusione ottica sulla neve, con quelle pellicce, era perfetta. - Non ho capito cosa mi hai ordinato: fino ai nachos ci sono arrivato, ma poi mi sono perso. - Ho ordinato l’unico piatto del menu che potesse andare bene per un rattolino vegetariano: nachos, i chips di mais tipici della cucina tex-mex, buoni ma un po’ poveri, accompagnati da una fonduta di cheddar, un ottimo formaggio inglese a pasta dura, e del guacamole, una salsa messicana a base di avocado, succo di lime, sale e peperoncino verde. Altrimenti saresti uscito di qui con il pancino quasi vuoto, tesoro, il che per un ragazzone di vent’anni di uno e novanta che ha sciato per tutto il pomeriggio non è il massimo. - Favoloso, Gianni! Non vedo l’ora di assaggiare tutta quella roba. - E niente, sei proprio Alice tu. - Non posso essere lo Stregatto? - No amore, perché lo Stregatto è uno che la sa lunga, e tu invece sei di un candido che fa paura. - Candido? - Dai su, mangia. (Poco più tardi) - Buonissima questa roba, soprattutto la salsa. - Mi fa piacere: vedo che mangi come un lupetto. - La gente sta incominciando a ballare. - Vedo, tesoro: e noi lasciamoli ballare. Dopo tutto siamo in discoteca. - A te non piace ballare? - Non troppo. Mi piaceva un po’, una volta. - Ho ancora sete: ordino un’altra birra. - È già la terza. - Saranno i nachos: erano un po’ salati. - Per fortuna non soffri di prostatite, topolino. - Eh no, è un po’ presto per quei malanni. - Beato te. (Musica, rumori di discoteca). - È pieno di italiani qui dentro, a giudicare dai discorsi che sento. - Sì, le Deux-Alpes sono una meta frequentatissima dagli sciatori italiani. - Gianni, senti? Suonano la nostra canzone. - Nostra in che senso? - Suonava alla radio quel giorno che abbiamo litigato e poi tu sei tornato a cercarmi. - Ah sì, quella volta. Avevo un po’ perso il controllo. - Ma poi mi hai detto delle cose adorabili. Andiamo a ballare? - No, cucciolo, figurati se vengo a ballare. Vacci tu, se vuoi. - Gianni, ti prego… Non farti tirare. - E tu non tirarmi. - Te lo chiedo per favore. - Ci tieni così tanto? - Tantissimo. Questa canzone mi smuove qualcosa dentro. - Mi sa che sono le tre birre a smuoverti quel qualcosa, tesoro. E va bene, se proprio ci tieni scendo in pista, ma guai se ridi di me. - Figurati se rido di te, Gianni. Vieni, dai. (Ballano) - Mettici più impegno, Gianni: questo ritmo richiede più lavoro di fianchi e di bacino… Così, vedi? - Ragazzo, ti stanno guardando tutti, non so se ti rendi conto: sei di un sexy che fa quasi schifo. - Macché sexy, è solo che questa roba si balla così. Dai, prova anche tu: spingi il bacino di lato e fallo roteare. - Oh senti, a me questo ritmo ispira tutt’altro. - E cosa ti ispira? - Una roba così. (Si mette a ballare con movimenti tipo flamenco, battendo le mani. Emmanuel ride divertito) - Ma dai, sei fantastico: una specie di flamenco! - Sì, piuttosto una cosa del genere. - Va benissimo, si adatta molto al ritmo. Ci provo anch’io. (La gente intorno incomincia a ridere e a fare commenti in italiano). - Ehi, guarda quei due! - Sì, li sto guardando da dieci minuti. - Un pochino gay, eh? - Eh, ma proprio pochino pochino. Basta vedere come si muovono. (Ridendo) - Il vecchio frocio ci mette dell’impegno, eh? Dai vecchio, muovi di più il sedere, sei un po’ rigido. (Di colpo Emmanuel smette di ballare e va a passi rapidi al bordo della pista, prendendo per il colletto il tizio che ha parlato). - Ripetilo, coglione, se ne hai il coraggio. - Ma che cazzo vuoi? - Vecchio frocio a chi? Chiedi scusa o ti spacco la faccia, pezzo di merda. - Ehi, calma! - Chiedigli scusa, Giorgio, ti conviene: questo è alto uno e novanta e fa sul serio. - Va bene, scusa. Eccheccazzo, non si può nemmeno fare una battuta… - Lascialo andare, dai. Magari è suo padre o suo zio… - Tientele per te le tue battute del cazzo, okay? Se ci riprovi ti sfondo il muso. (Torna in pista) - Gianni, sono mortificato, io… io non pensavo che qui dentro ci fossero tanti imbecilli, se no non ti avrei chiesto di ballare. - Oh, non importa, tesoro: ci sono abituato. - Ma cosa fai, continui a ballare? - Sì, perché? - Ma con tutti questi coglioni intorno… - Non devi mai permettere agli altri di farti entrare dentro la loro mediocrità, angelo mio. Sai qual è il segreto? Lasciarsi scivolare addosso l’imbecillità altrui come acqua sulle piume di un’oca. Così non fa presa. Dai, balla con me. - A me è passata la voglia, ma se proprio ci tieni… - Sì, ci tengo. - Va bene, allora ballo. - Comunque è incredibile come ti salta fuori il maschio in certe circostanze. Ti ho ammirato molto, lo sai? - Era il minimo che io potessi fare, Gianni. (Tornano a sedersi) - Ordiniamo ancora qualcosa, tesoro? - Sì, un whisky doppio. - Ma stai scherzando? Da quando ti dai ai superalcolici? - Da quando sono incazzato. Quei due mi hanno mandato in bestia. - Dovresti incazzarti più spesso, ti dona moltissimo. Io mi accontento di un Campari soda. - Poi però ce ne andiamo a dormire allo chalet: sono stufo di stare qui. - Pienamente d’accordo, gioia.