Epic Fail n. 1 Geloso di Raskol’nikov (14 febbraio 1998) (Versione integrale) - “Tutti noi, e molto spesso, siamo quasi uguali ai matti, ma c’è una piccola differenza: i “malati” sono un po’ più matti di noi, perciò qui bisogna tracciare una linea di confine. Ma di persone perfettamente equilibrate, in verità, non ce n’è quasi nessuna; su varie decine e forse anche su molte centinaia di migliaia se ne trova una, e, per di più, questi esemplari non provano gran che.” - Belissimo! - Continuiamo domani, May. Sono un po’ stanco e ho la gola secca, vorrei bere qualcosa. - Ti prendo da bere in cucina. - No, lascia, vado io: ho voglia di sgranchirmi un po’ le gambe. Chiudo il volume mettendoci un segnalibro in mezzo e mi alzo dalla poltrona. Non sono affatto stanco e non ho nessun bisogno di sgranchirmi le gambe, ma devo andare personalmente in cucina a prendere qualcosa di cui lei non sospetta l’esistenza. Siamo a casa mia stasera, e lei non sa cosa tengo in frigo. - Prins, hai avuto una belissima idea, sai? Festejare San Valentinho per non-fidansati è proprio una cosa bunita. Come ti è venuta in mente? Mi risiedo sul letto, rimandando l’ingresso in cucina. - Ho preso spunto dal Cappellaio Matto. Sai, quello di Alice, quello dei non-compleanni. - Sì, ho presente: abiamo visto il film ala tivù. - Certe feste sono tristissime per le persone sole, e allora bisogna farsi venire qualche idea per trasformarle in qualcosa di allegro. Siccome né tu né io siamo fidanzati, l’ho trasformata in una festa per non-fidanzati: semplice, no? - Semplicisimo, bastava pensarci. Già, bastava pensarci: ma la gente di solito non ci pensa. Ci ho pensato io, un po’ per lei, che non ha mai avuto un fidanzato e ha poche probabilità di trovarne uno, e un po’ per me stesso. In realtà Mayra mi sembra perfettamente a suo agio nella sua dimensione di donna sola; irradia positività e calore umano, non sembra avere bisogno di nessuno per stare bene: si fa bastare i suoi interessi e i suoi affetti, fra cui ci sono anch’io, per mia fortuna. Sono io che mi sento a disagio nella mia condizione di ragazzo padre costretto a fingersi qualcos’altro per non essere del tutto escluso dal gioco: ogni volta che vado da Antonia indosso un sorriso e mi butto alle spalle le mie amarezze, con il risultato che poi mi cascano tutte addosso quando torno a casa. E quindi sì, credo di avere inventato questa festa per non-fidanzati più per me che per lei, per non sentirmi solo questa sera, mentre Antonia è a cena da qualche parte con Michele. - Ma te un po’ fidansato lo sei - sorride benevolmente Mayra. - Vuoi dire con Antonia? No, ti sbagli. Ci vediamo spesso, ma non siamo fidanzati. - Non è che vi vedete solo, Manu. Ci durmi anke. - Mayra, avere rapporti occasionali con qualcuno non vuol dire essere una coppia. Tecnicamente sono single. - Sarà come dici te, ma i raporti non sono mica tanto ocasionali, visto che ci hai anche fato un fidju con lei. - Era un altro periodo della mia vita, May. Un’altra era geologica, per essere precisi. E poi scusami, non ho voglia di parlarne. - Hai rajione, scusami te. Comunque è belissima anche l’idea che hai avuto di legermi dei libri. Te li legi proprio bene, ti ascolto tanto volontieri, e quel libro è belissimo. - Sono contento che ti piaccia: non è da tutti apprezzare quel romanzo, sai? Sono stato un po’ incosciente a proporglielo, ma vedo che Mayra, nella sua apparente semplicità, riesce perfettamente a cogliere la profondità di certi temi esistenziali. È una donna intelligente e dotata di non comune sensibilità estetica. E siccome le piace passare le serate con me, spesso alterno alle semplici distrazioni (guardare qualche film alla tv, ascoltare musica, giocare a carte o a Risiko e altre cose del genere) la lettura di libri che mi sono piaciuti particolarmente e che desidero condividere con lei. Carlos partecipa volentieri alle nostre attività ludiche, in particolare al tressette (purtroppo non riesco a convertirlo al bridge), ma di libri non vuol sentirne parlare: non fanno per lui. Sua sorella è molto diversa in questo. - Credo che mi sono enamorada di Raskòlniko. È tanto strano, tanto complicato… E poi ci ha quel soriso storto sulla facia che me incanta proprio. - Veramente, May, - puntualizzo un po’ indispettito - sono stato io a fartelo notare, quel sorriso “storto e acido”. È un colpo di genio dell’autore, uno di quei dettagli che rivelano il carattere di un personaggio meglio di qualunque descrizione. - Sì, è vero, me lo hai fato notare te, ma io quel fidju l’ho visto con i miei oki mentre legevi e ti dico che mi sono proprio enamorada. Comunque secondo me lui ci aveva bisonho di una mujer semplice che gli voleva bene e gli faceva passare le complicasioni. Se c’ero io lo prendevo in bracio, lo cocolavo e gli facevo l’ovo panhadu. Mi alzo con un sorriso di indulgente superiorità e mi dirigo in cucina. - Non dubito che lo avresti tirato su di morale, Mayra, ma non abbastanza da impedirgli di uccidere la vecchia usuraia e sua sorella. Sai, c’è tutta una filosofia dietro a quell’assassinio. Qualcuno ha detto che Nietzsche è sbucato dalla penna di Dostoevskij, e credo che sia vero: quella di Raskol’nikov è una linea di pensiero che porta dritta filata a Nietzsche. - Ma è una filosofia sbaliata, Prins. - È un po’ complicato spiegarti Nietzsche così sui due piedi, May. Ad ogni modo l’uovo sbattuto puoi sempre farlo per me. - Certo che sì, però no è la stesa cosa: te sei meno dificile di lui, è più facile tenerti alegro. Confesso che mi sento contrariato: sono stato io a farle conoscere quello che considero uno dei personaggi più affascinanti della letteratura mondiale, e adesso lei non la pianta più di blaterare scemenze con gli occhi sognanti, senza rendersi conto che per un nichilista ci vuole ben altro che il suo ovo panhadu. Mayra è terribilmente ingenua: il suo uovo sbattuto con lo zucchero può bastare tutt’al più per uno come me, uno “meno difficile”. Ma poi cosa vuol dire “meno difficile”? È solo un modo gentile per dire “meno interessante”. Certamente io non sono un personaggio complesso come l'eroe russo, ma in fondo anche la mia personalità non è da buttar via quanto a complicazione. Non che sia una virtù essere complicati, ma visto che Mayra ha un debole per i complicati, tanto varrebbe che si occupasse delle mie, di complicazioni. È San Valentino, lo stiamo festeggiando insieme, sia pure da single, e gradirei che si enamorasse anche della mia interiorità, oltre che del mio aspetto fisico. Ma, ed è questo il punto, se ne accorge? Mi viene il sospetto che i miei patemi d’animo, le mie angosce, i miei dilemmi esistenziali appaiano ai suoi occhi come le paturnie di un depresso, stupidaggini da cui guarire, quelle che nel linguaggio familiare si chiamano “pigne in testa”. Sarebbe avvilente scoprire che per lei sono solo un cucciolo adottivo da coccolare per fargli dimenticare il suo status di randagio: vorrebbe dire che non ha nessuna voglia di sondare gli abissi poco limpidi della mia interiorità, quelli in cui così spesso mi sono perso. Ma io sono anche quello, non sono solo il suo Prinsy tanto bunitu. - Quindi non mi trovi affascinante? - le chiedo con tono distaccato, aprendo il frigo. - Te sei tanto simpatico e divertente, Prinsy, ma proprio afassinante direi ke no. Ti volio bene come una mamàn, no ti basta? - No - rispondo, chiudendo seccamente con un piede lo sportello del frigo. - Perché no? - Primo, perché una mamma ce l’ho già. Secondo, perché essere considerato simpatico non è gran che. Voglio dire, anche un cretino può essere simpatico. - Ma te no sei mica cretino. - Grazie della concessione, May. - Ma Prins… Mayra, un po’ confusa, lascia cadere l’argomento. Questa sera, per l’occasione, ha rinunciato al solito turbante di stoffa e porta i capelli, neri e un po’ crespi, raccolti in una grossa treccia arrotolata sulla nuca. Sono lucidi e sanno di gelsomino, come se li avesse ravviati con un olio profumato. Indossa un camicione di spesso cotone con disegni a fiori lungo fino alle caviglie, che mette un po’ in rilievo le forme abbondanti del suo corpo; poco fa, mentre leggevo, con la coda dell'occhio sbirciavo alcuni dettagli, domandandomi se avrei potuto. La risposta che mi davo era sempre la stessa: no, non potrei. Di conseguenza è ancora più stupido che io provi questa gelosia infantile: mi rendo conto che si tratta di un sentimento illogico ed egoistico e che devo piantarla di considerare Mayra come una specie di proprietà privata, ma non ho tempo di pensarci adesso: adesso ho altro da fare. - Sorpresa! - esclamo, aprendo le braccia e tenendo per il collo due bottiglie di Moët & Chandon. - Prinsy! Ma te sei mato! - trilla Mayra - Costano un okio! - Una volta all’anno si può fare, May. - Vado a prendere la torta che ho preparato. Che pekato che non c’è Carlos! È andato in bireria, lui dice con dei amigu, ma io credo che c’è una minina, no me la conta justa. - Può essere, May: è giovane ed è un bell’uomo, è normale che gli piacciano le donne. Mayra tace e io arrossisco leggermente, rendendomi conto di avere toccato di nuovo un tasto falso: a volte non mi ricordo che lei sa della mia strana storia con Carlos. Acqua passata, certo, che ha lasciato come strascico una profonda amicizia, ma questa amicizia era nata in tutt’altro modo, nel letto di Michelle dove facevamo sesso insieme, e io stesso me ne stupisco quando ci ripenso. A maggior ragione non capisco come lei possa considerarmi un tipo poco interessante, visto che il mio passato è abbastanza strambo da meravigliare perfino me. Fingo indifferenza e riporto il discorso sullo champagne. - Le bottiglie sono due, May, ne avanzerà certamente anche per lui: e avanzerà anche della torta, perché non ho intenzione di mangiarmela tutta. Domani, quando arriva, se li troverà in frigo. È vero, non ho badato a spese: volevo farle dimenticare la sua condizione di zitella non più giovanissima e trattarla come una principessa, cosa che in effetti è nella sua isola. Le ho anche comprato un regalo, niente di che, per non metterla in imbarazzo: un bracciale di pietre dure che le è piaciuto molto; ha aperto il pacchetto con curiosità infantile, arrossendo per l’emozione e dicendomi che ero tropo esajerato. Mayra è di ritorno con la sua torta di mele e lamponi, che appoggia sul tavolo, e inizia ad affettarla; ho già l’acquolina in bocca. Mi chiedo da cosa derivi questo mio debole per i dolci, che dovrebbe essere tipico della natura femminile, ma credo che la risposta sia semplice: deriva dalla mia natura femminile. Chissà, forse è proprio questo che mi rende poco interessante agli occhi delle donne: sembrano tutte felici di portarmi a letto, ma la cosa si ferma lì; per un progetto di vita non vado bene, non sono convincente: il mio rapporto con Antonia ne è la prova migliore. È pur vero che lei ultimamente cerca di inserirmi in modo meno maldestro nel suo contesto familiare, ma resta pur sempre il suo contesto familiare, al quale io continuo a sentirmi piuttosto estraneo. La frequento quel tanto che basta per mantenere vivi i rapporti con lei e con il bambino, con una specie di cordialità che non è neppure l’ombra dell’entusiasmo ingenuo di un tempo: ho preso le distanze, e non vedo come avrei potuto evitarlo, visto il modo in cui mi ha trattato. Con lei comunque sono sempre gentile, il mio distacco è solo interiore e non intendo farglielo pesare, perché le voglio ancora bene e so che anche lei me ne vuole: preparo la tavola, lavo i piatti con lei, guardo la televisione con lei seduto sul divano, mentre il bambino dorme sulle sue ginocchia con la testa appoggiata sulle mie gambe e il gatto Gino ronfa accoccolato contro la sua pancia. Sono, nonostante tutto, momenti belli; però questo non mi fa sentire parte integrante di quella famigliola, non mi fa sentire veramente padre di quel bambino. Inoltre devo stare in guardia: le avance di Antonia sono ricominciate in modo subdolo e insistente; tira tardi, mi offre da bere, fa in modo che io mi trattenga oltre la mezzanotte, mi fa trovare il divano letto pronto, mi invita a fermarmi da lei... Purtroppo non sono affatto indifferente alle sue attenzioni erotiche: sessualmente siamo sempre stati, per così dire, molto compatibili, e l’astinenza mi pesa. Dopo tutto sono un maschio di vent’anni, e andare a letto con Antonia è pur sempre il miglior modo di fare sesso che io conosca. Però tutto questo non ha più niente a che fare con i miei sentimenti profondi: nel profondo di me io sono come anestetizzato. Non desidero più alcun rapporto fisso con nessuna donna, men che meno con quelle che hanno fatto parte del mio passato, non vorrei più nessuna di loro come compagna di vita; ho trovato una specie di equilibrio in questa mia solitudine all’ombra di Mayra, compagna di lavoro e di serate rilassanti, e ci sto davvero bene, anche se la situazione è tutto tranne che normale: uno che la vedesse dall’esterno potrebbe avere l’impressione che io mi sia preso una badante. Estraggo dall’armadietto di legno di ciliegio due calici che mi sono procurato stamattina: non esiste di bere lo champagne in comuni bicchieri da cucina. Scuoto la bottiglia e faccio saltare il tappo, spaventando a morte Bella, che balza in piedi e corre a rifugiarsi sotto la gonna di Mayra. - Bella, sciocco animale! - le dico ridendo - Esci da lì sotto, non è successo niente. - I cani hanno paura dei bòti, Prins - dice Mayra accarezzandole la testa. Bella si tranquillizza e torna a sedersi sul suo materassino, guardandomi con diffidenza. Poi sospira con aria di compatimento e si accuccia di nuovo appoggiando il muso sulle zampe incrociate. La sua espressione dice “che razza di cretino mi è toccato come padrone”. Non solo non mi trova affascinante, come Mayra, ma mi considera un mezzo idiota, sennonché è tenuta a volermi bene per dovere di fedeltà canina. - Cin cin, Mayra! - dico levando il calice e facendolo tintinnare contro il suo. Lei sorride e assaggia lo champagne. - Pizica il naso, Prins! - esclama - Però è buono. Accendo lo stereo e metto su qualcosa di carino e non troppo impegnativo, giusto per fare ambiente; poi ci sediamo a tavola e facciamo onore alla torta. Ne mangio due fette, ingozzandomi come al solito e trangugiando champagne per mandare giù i bocconi. Mayra non è abituata a bere alcolici e presto lo champagne le dà alla testa, ma la sua semi-ubriachezza risulta perfettamente coerente con la sua personalità e si traduce in risate continue e in un’improvvisa voglia di ballare con uno stile folkloristico un po’ contadinesco; coinvolge nella danza anche Bella, prendendola per le zampe anteriori: la cagna fa del suo meglio per assecondarla, con la bocca aperta e la lingua penzoloni. Io le osservo e continuo a bere. Non manca di stupirmi la capacità di Mayra di non risultare ridicola anche quando fa cose oggettivamente ridicole, come adesso: ha una specie di grazia naturale che trasforma il ridicolo in qualcosa di fiabesco e fumettistico. Non è ridicola, è semplicemente buffa: è come veder danzare l’orso Baloo o gli ippopotami di Fantasia. - Siete molto brave - commento, simulando un piccolo applauso. - Siamo solo stupidisime, Prins! - ride Mayra - Però è bufo che anche la cane si diverte. Stappo anche la seconda bottiglia e mi verso un altro calice di champagne. I suoni cominciano ad arrivare alle mie orecchie ovattati, come di lontano. Mayra, stanca di ballare, si lascia cadere sul letto. Io mi alzo, riuscendo ancora a mantenere l’equilibrio, e decido all’improvviso di mettere su un pezzo che non c’entra niente con quel clima di festa, non c’entra niente con niente: “The Crystal Ship” dei Doors. Non è mai stato uno dei miei gruppi preferiti, ma quel brano è sublime. Fin dalle prime note Mayra ammutolisce, rendendosi conto di trovarsi di fronte a qualcosa di serio; si mette a sedere sul letto e mi osserva. Forse non sono affascinante, ma so essere abbastanza interessante quando voglio. Mi metto in piedi al centro della stanza, mi sfilo le scarpe e comincio a danzare a piedi nudi con movimenti fluidi e ondulatori del bacino, come nel reggaeton, sbottonandomi lentamente la camicia e girando su me stesso ad occhi chiusi. Slaccio anche il primo bottone dei jeans perché mi impaccia i movimenti. Se facessi una cosa del genere in presenza di Antonia il finale sarebbe scontato, e infatti mi guardo bene dal fare cose del genere con lei; ma ora posso farlo, perché davanti a me c’è Mayra, perché sono ubriaco e perché voglio punirla per il fatto di non considerarmi affascinante come Raskol’nikov. Lei non dice una sola parola per tutto il tempo della canzone e non so cosa stia facendo, perché tengo gli occhi chiusi. La musica finisce: mi riscuoto come da un sogno, torno al tavolo a bere un altro calice di champagne e mi lascio cadere su una sedia. Alzo gli occhi su di lei e per poco non scoppio a ridere: se ne sta seduta impalata sul letto con gli occhi sgranati e la bocca aperta che disegna una grande O. - Che ti succede, May? Hai perso la lingua? - Manu… - balbetta - no va mica bene che fai quele robe. - Perché, Mayra? Non ho mica fatto niente di male. - No, gnente di male, però no va bene che fai così con le mujeres… Cioè, se fai così le fai diventare mate, con tute quele ondulasioni di quela parte lì. - Non è “quella parte lì” che si muove, Mayra: è il bacino. - Eh va be’, ma al bacino ci è atacata quella parte lì. - Avevo i pantaloni, May. - Un po’ sbotonati. - Con le mutande sotto, in ogni caso. - Dopo non lamentarti che ti saltano adosso, Prins. - Ma io non mi lamento mica se le donne mi saltano addosso, Mayra. - Ah, bravo. - Scherzo. E poi quelle cose con le altre donne non le faccio. - Le fai con i òmini? - No, neanche con gli uomini. - No farle mica co il fotografo, eh, che quelo ti manja vivo! Rido. - Non ci penso nemmeno a farle con il mio fotografo. - E perché le hai fate con me? - Perché di te mi fido. - Sì, va ben che ti fidi, ma perché hai fato proprio quele cose? Alzo le spalle. - Così, non c’è un motivo. Mi andava di farle e le ho fatte. Bevo un altro bicchiere di champagne. - No bèvere tropo, Manu, che dopo ti viene il male al pancino. - Pancino? Non ho mica tre anni, sono un uomo. Si dice pancia. - Pancia o pancino, dopo ti viene male e vai a vomitare nel gabineto. - Pazienza, vorrà dire che vomiterò. Lasciami in pace, May, sono allegro. - E va ben, alora, se sei alegro… - Sì, sono su di giri. Notoriamente la mia ubriachezza è di quelle allegre e scherzomani. Non so che scherzo potrei fare a Mayra, ma devo assolutamente fargliele uno. Mi lascio cadere sul letto e scoppio a ridere in un modo così contagioso che ride anche lei. - Perché ridi, Prinsy? - E tu perché ridi? - Perché sono kontenti che sei alegro. - Allora siamo kontenti in due. Mi guarda. - Sei troppo belissimo in questo momento, Manu. Sì, può darsi che io sia piuttosto bello da vedere in questo momento, sdraiato sul letto con la camicia aperta, i capelli sparsi sul cuscino e lo sguardo un po' torbido degli ubriachi. Mi sento molto dionisiaco, effetto Jim Morrison; era dai tempi di Michelle che non mi succedeva più, ed è paradossale che mi succeda con una donna come Mayra. Il mio cervello confuso è attraversato da immagini irresistibilmente comiche: sono Bagheera e sto inseguendo l’orso Baloo con evidenti intenzioni erotiche. Povero Baloo, non ha mai provato l’emozione del sesso: sarebbe un gesto caritatevole da parte di Bagheera fargliela provare la sera di San Valentino. Solo che l’orso è un ciccione innocente, pensa che sia tutto un gioco, non capisce cosa sta passando per la testa della pantera… Continuo a ridere. - Ti fa ridere che sei belissimo? - No, Mayra, mi fa ridere quello che sto pensando. - E cosa pensi, Manu? Dai, fai ridere anche me. Cerco di articolare una risposta decente, lottando con la mia lingua che si rifiuta di obbedirmi. - Stavo pensando a una scopata amichevole. - C’è un’altra mujer che ti interesa, Prins? - No. Sono single e voglio rimanerlo. Ho detto amichevole. La guardo con l’espressione sorniona che ha un gatto quando lo gratti dietro la nuca. - Si potrebbe provare, no? Così, senza impegno, per festeggiare San Valentino. Il suono delle mie parole mi fa l’effetto di una secchiata d’acqua in faccia: mi riscuoto di colpo. È un’uscita da perfetto idiota, me ne rendo conto all’istante. Mayra mi fissa. - Manu, no ho capito: cosa sarebe una escobata amicable? Mi tiro su a sedere, tornando improvvisamente serio. - Niente, May, come non detto: era solo una battuta stupida. Una cretinata. Non farci caso. Si alza dal letto e prende una sedia, mettendosi a sedere di fronte a me nella posizione ieratica delle statue egizie. - Prins, ‘scolta - esordisce. - Dimmi, May. - Lo sai che ti volio bene e che mi piaci tantisimo, ma bu ka ten ki ta ngana-m. - Eh? - Non devi prendermi in giro. - May, non ti stavo prendendo in giro: stavo solo scherzando. - No si skersa su certe kuze. - Sì, hai ragione, ma… Tende una mano a bloccare le mie parole. - Prins, lo so che io non sono bunita e che te non vuoi fare sex con me, ma devi sapere una kuza: nemeno io volio fare sex con te. - Non vuoi? - No, non volio. - In che senso non vuoi? - le chiedo di nuovo, senza riuscire a dissimulare lo stupore. - Nel senso che non volio nemeno se me lo chiedevi sul serio. - E perché non vuoi? - Perché no si deve miskiare kuzas. Io non sono la tua mujer, sono tua amica: sono due cose mutu diferenti. - Certo, hai ragione. I suoi occhi diventano improvvisamente lucidi, ma il suo tono di voce rimane fermo. - E poi, sicome no ti piacio, no le devi proprio dire certe cose, perché bu sta mariadu. - Cioè? - Sei cattivo. Mi sento trafiggere il cuore. Tendo una mano verso di lei. - May, non l’ho detto con cattiveria. Io non sono cattivo, te lo giuro, non sono cattivo: sono solo stupido. Stupido e anche… Tende a sua volta una mano ad accarezzarmi il viso, vedendomi ansioso e agitato. - Sì lo so, sei bédju. Ubriaco. Annuisco, sconfitto. - Sì May, sono ubriaco. Scusami. Non mi sono reso conto di quel che dicevo. - No c'è gnente da escusàr. Ora però durmi, che è tardi. Lassia tutto com'è, domani sparekio io. - Ma dove vai? Non dormi sul divano letto nell’altra stanza? - No Manu, dormo a casa. - Ma allora perché lo hai preparato? Mi avevi promesso che mi facevi compagnia stanotte. - Un’altra volta, Prins. Ci vediamo tuti i jorni, le ocasioni no mancano. - Aspetta, ti accompagno a casa. - No è il caso, facio due pasi e telefono a irmùn che mi viene a prendere. - Telefonagli subito allora, non voglio che tu corra dei rischi al buio. - E va ben, no è che i òmini da queste parti ci hanno tuta quela volia di saltare adosso a una mujer nera e grasa. - Basta, gli telefono io. Faccio il numero di Carlos e lo prego di venire subito a prendere sua sorella. Dal mio tono di voce capisce che non è il caso di chiedere spiegazioni. - Durmi, Prinsy, io aspeto Carlos nel’altra stansa. - Mayra... Si china a darmi un bacio sulla fronte. - Grazie di tutto: è stata una belissima festa di San Valentinho. Si avvia all'uscita. La fermo con un grido disperato: - Mayra! - Cosa c’è, Manu? - Ma domani... domani... ci dormi nel mio divano letto? - Domani forse sì. - Come sarebbe forse? - Ci dormo quando sei serio. - Domani sarò serissimo, giuro. Me lo prometti? Guarda che ci conto. - Te lo prometo. Bon noti, Prins. Mi lascio cadere all'indietro sul cuscino con un profondo sospiro, consapevole di avere evitato per un pelo una catastrofe. Bella viene a leccarmi una mano: la ricambio accarezzandole la testa. Si accuccia ai piedi del letto, comprendendo che ho bisogno di compagnia. Non mi spoglio neppure: mi assopisco in quella posizione, mezzo vestito. Sento confusamente il rumore della Cinquecento di Carlos, la porta che si apre e si richiude, la macchina che riparte, poi il silenzio. Nel dormiveglia un dubbio continua ad assillarmi: cosa diavolo mi è preso? Il sesso amichevole non è mai stato nelle mie corde, men che meno con un'amica così particolare come Mayra, che oltre tutto fisicamente non mi piace. Forse ero solo molto ubriaco. O forse no. E tutto questo perché ero geloso di Raskol’nikov: che razza di imbecille.