Epilogo San Quirico d'Orcia, 11 settembre 1997 Cara Arianna, rimando continuamente, ma quel giorno arriverà presto. Sto giocando a carte scoperte, non so per quanto tempo ancora reggerò alla finzione. Quando troverai questo scritto sul pc io me ne sarò già andato: te lo lascio per così dire in eredità. Non ho intenzione di portarlo con me dove sto per andare e non ho intenzione di dirti dove andrò. La prima tappa sarà il canile, poi partirò per un lungo viaggio. Ti chiedo perdono in anticipo se il mio discorso sarà piuttosto confuso: sto mettendo a fuoco il problema un po’ per volta. L'amore è una cazzata mi disse un giorno qualcuno, e io senza questa cazzata non riesco a vivere. Mi dirai che l’affermazione è contraddittoria, ma tutto è contraddittorio nella vita. La chiave di tutto è la paura della morte. La morte ci fa paura perché avvertiamo la nostra scomparsa come la scomparsa della vita: finito l’individuo che la percepisce, la vita finisce. Ma è falso, la vita continua anche dopo di noi: il problema sta nel nostro percepire, nel sentirci individui, separati dal Tutto di cui facciamo parte. L’amore risolve questo problema temporaneamente e illusoriamente, come la droga: ci fa perdere il senso della nostra unicità-individualità-diversità, illudendoci di una fusione avvenuta fra noi e l'oggetto amato. Il segno di questa perdita è il senso di lacerazione che prova chi è privato della persona amata, del tutto analogo a una crisi d’astinenza. Chi ama non teme la morte semplicemente perché, come individuo, è già morto. L'amore ci fa sentire tutta l’ebbrezza di questo perdersi, diviene una dolce anticipazione della morte. Chi ama abbraccia la morte come una sorella-amante; ed è nel momento del massimo annichilimento, e anche del massimo piacere, che si desidera più intensamente la morte. Così la morte appare dolce essa stessa: è un ragionamento analogico, perciò scorretto, ma suggestivo. Platone dice che l’amore è desiderio di immortalità, ma l’immortalità presuppone la morte del corpo. Perciò l’amore è desiderio di morte. Considerato da questo punto di vista, mia cara, l’amore non ti sembra una sublime idiozia? Peggio: una deplorevole forma di debolezza? Dovremmo trovare la forza di esistere restando all’interno di noi stessi, senza droghe che ci permettano di dimenticare il malessere insopportabile della nostra separatezza. Io non ci sono mai riuscito. L'amore cristiano, in cui tu credi, vorrebbe essere superamento dell'egoismo nell’offerta di sé al prossimo, e come tale si pretende più evoluto ed altruistico di quello fra due amanti. Tradisce però il medesimo bisogno e la medesima matrice psicologica: il desiderio di annientare la solitudine; e propone anche la medesima soluzione, l'annullamento di sé: chiamalo oblazione, sacrificio, autoimmolazione, martirio, in sostanza si tratta di voluttà autolesionistica e autodistruttiva, com'è evidente in tutte le forme degenerate di misticismo. Sacrificandosi per gli altri non si elimina la solitudine altrui, si elimina soltanto la propria: soluzione anche questa perfettamente illusoria ed individualistica. Mi domando anzi se non sia la massima forma di egoismo. Come vedi non credo più in nulla, e senza un credo l'uomo non è più vivo di un relitto in balìa della marea. La tua vita, come quella di quasi tutti gli altri, mi appare assolutamente insignificante. Ciò che voi intendete per vita, dal mio punto di vista, non è che un’ottusa e insensata attesa della morte: vi sforzate di renderla il più possibile piacevole, mangiate, bevete, evacuate, guardate la televisione, dormite, copulate, accogliete con gioia i frutti della vostra copula, vi fate compagnia nell’attesa del momento supremo, evadete nel sogno, e a tutto questo date nome amore. Ma il senso di tutto questo, mia cara, il senso, ti capita mai di chiederti qual è? Se il senso della vita è la vita stessa, allora tanto vale che il gioco finisca. L'esistenza della maggior parte delle persone, dalla culla alla tomba, è concepita e programmata come una grandiosa e inconsapevole perdita di tempo. Tutta la società congiura in questo senso, a cominciare dalla scuola. Siete tutti colpevoli. Dovrei dire siamo, ma io sto uscendo dal gioco. Tu non ne avrai mai il coraggio, come non lo ha avuto Antonia. A differenza di te, lei avrebbe potuto: lei aveva le ali, ali potenti ma fragili, che sapevano portarla a immergersi nel sole un attimo prima di precipitare in caduta libera; tu sei tutta avvolta nella materia come in un confortevole bozzolo e non avverti mai il bisogno di lacerare l’involucro di seta, tu piccola miope infermiera troppo occupata ad assecondare il regolamento dell’ospedale per avvertire il disagio di essere, di esserci, di essere suoi prigionieri. Che ne sai tu di me? Leggendo il mio diario scopriresti cose che nemmeno immagini e che non potresti capire. Sono stato uomo, sono stato donna, sono stato cavallo, sono stato vento, sono stato puro piacere, puro dolore, pura gioia, pura materia, puro spirito. Tu vorresti fare di me un onesto borghese. Non assolvo nessuno. No, non vi assolvo. La posta in gioco è troppo alta: non ho ancora vent’anni e il futuro è già tutto alle mie spalle. Mi sono sempre chiesto che senso abbia la bellezza, e la risposta era così ovvia che non potevo trovarla nelle teorie astratte in cui la cercavo; l'avevo già intuita a sedici anni, per poi allontanarmene sempre di più. È molto semplice: senza la bellezza non si può vivere. Io voglio vivere letteralmente dissolto nella bellezza: la sintesi della mia vita è tutta in quel pomeriggio trascorso in un bosco di lecci e castagni in qualche luogo che ho dimenticato; non ho mai vissuto un attimo più vero di quello smarrirmi, sperando di viaggiare per sempre nel nulla e di non arrivare mai in nessun luogo. Io non invecchierò al tuo fianco impegnato in un lavoro qualsiasi, crescendo i tuoi figli e occupando in qualche modo il tuo letto: mi stai chiedendo di trascorrere novemila anni sotto terra, e un simile sacrificio è possibile, forse, solo se pienamente meritato. Pensi di averlo meritato? Io non aspetterò che le rughe invadano il mio volto per rendermi conto troppo tardi che ho sprecato la mia unica possibilità di vivere. Devo tornare al mio luogo di origine. Sento che mi chiami dal piano di sotto: mi stai dicendo che la cioccolata calda è pronta. Adoro la tua cioccolata, adoro tutto di te, sarà terribile lasciarti, ma il tuo è un gioco sporco, amore: you can check out any time you like, but you can never leave. Vorrei poterti amare, ma i miracoli accadono una sola volta nella vita, quando accadono, e io il mio l'ho già sprecato. Non ti ho mentito, non ti ho mai dato la mia anima: forse te la sto dando adesso, per la prima e ultima volta. Del resto tu la verità a me non l'hai mai detta. Sento che ti stai avvicinando, la maniglia gira. Non so come dirti che questo è un addio. Non so come dirti che me ne sto andando. Non so come dirti che