III. Dell’eccesso di positività - Ma cos’hai? Tremi tutta. Resta seduta, ti porto qualcosa da bere. Non muoverti. - Non è niente, mi gira solo la testa. - Tieni, un po’ di tè alla pesca ti farà bene. Bevi piano, così. Va meglio adesso? - Sì grazie, mi sento molto meglio. - Hai sentito il dottor Fasano? Ti sei fatta visitare? - Certamente: è lui che mi ha confermato la gravidanza. - E cosa dice? - Che per il momento è tutto nella norma. - Vuoi stenderti sul letto? Ti porto in braccio. - Michele, allora non hai capito: io su quel letto non ci tornerò mai più. Voglio andare via, devi fartene una ragione. - Non ha senso, Antonia. Lascia che io mi prenda cura di voi almeno per un po', senza secondi fini. Ho paura per te e per lui. Non capisci che in questo modo metti in pericolo anche il bambino? - Lo so, ma devo andare. - Dimmi perché vuoi andartene, se sai che sei in pericolo. - Perché non posso continuare ad usarti come parafulmine come ho fatto finora. Devo assumermi le mie responsabilità. Sono in un vicolo cieco, Michele: non posso fingere e nemmeno dirti la verità. - Quale verità? - Come faccio a spiegartelo? - Non ti agitare. Prova a dirmelo con calma, come se lo vedessi da lontano: è importante prendere le distanze dalle cose negative. - Ecco il punto: tu sei troppo positivo per immaginare la negatività negli altri, e questo è un tuo grave limite, perché non vedi il male nemmeno dove c’è. Tu non puoi proteggermi dal male, semplicemente perché non lo riconosci. - Non ci avevo mai pensato, sai? - Lo so, ti conosco da tanto tempo. - Sul serio Antonia, questo è uno shock per me. Hai fatto bene a dirmelo. Evidentemente non sono poi così intelligente, se non me ne sono accorto da solo. - Non è una questione d'intelligenza: tu sei molto intelligente, ma non hai quel tipo di intuito. È tipico delle persone troppo oneste non supporre la disonestà negli altri. Tu comprendi perfettamente la negatività delle situazioni politiche ed economiche, riconosci a colpo sicuro la retorica dei trattati internazionali, sai che in realtà ci stanno trascinando nel baratro e sai come muoverti per evitare il peggio. - Sì, questo sì. - Però quando un tizio ti dà una pacca sulla spalla non riesci proprio ad immaginare che possa essere un bastardo. - A chi alludi? - A nessuno in particolare. C'è tanto male intorno a noi, Michele: tanto che nemmeno te lo immagini. Tu mi riparavi come un porto sicuro, mi nascondevo dietro di te: fino ad un certo punto mi hai protetta, poi sono stata travolta. - Tu non mi hai mai chiesto protezione, Antonia: non mi hai mai detto niente di niente. - Ci ho provato, ma non mi hai ascoltata: avevi sempre troppi problemi di lavoro. E poi io stessa non avrei saputo da che parte incominciare. Intorno a te ci sono un sacco di persone negative: quasi tutte le ragazze che frequentano la tua casa, molti dei tuoi amici, io stessa, tuo fratello... - Ecco, parliamo di mio fratello: che tipo è? - Una domanda ben strana, da parte tua. - No, non è strana: tu lo conosci molto meglio di me, è evidente. E allora dimmelo, ho bisogno di saperlo: mio fratello è un bastardo? - No. In Emmanuel c'è un'immensa potenzialità di bene e un'altrettanto immensa potenzialità di male. Non ha ancora deciso se essere angelo o demone. - Spero che si sbrighi a decidere. E tu da cosa sei attratta? Dall'angelo o dal demone? - Da entrambi. Per questo devo andarmene, non sono all'altezza. - Che intendi dire con "non sono all'altezza"? - Non farmi dire altro. Abbiamo tutti tremende zone d’ombra. È come scoperchiare una fogna e tuffarcisi a capofitto: tu nemmeno lo immagini, cosa si possa trovare lì dentro. - Liquami, escrementi e ratti, suppongo, trattandosi di una fogna. - Ma anche perle e diamanti. Quella fogna è la vita. Quando la provi ti rendi conto che tutto il resto è finto, una specie di mediocre recita parrocchiale. - Capisco: dev'essere stato terribilmente noioso stare con uno mediocre e prevedibile come me. - Non intendevo dire questo. - Però l'hai detto. - Mi dispiace, Michele. - Non mi convinci, Antonia. Se le cose stessero come dici tu, Emmanuel sarebbe rimasto qui nonostante il nostro matrimonio, non sarebbe scappato in Toscana con la prima venuta. - Credimi, ci sono cose di lui che non sai e nemmeno immagini. - Giusto per sapere, il mio fratellino che ruolo ha in quella fogna? Chi altro c’è lì dentro a fargli compagnia? Scommetto che in quell’affascinante cloaca c'è qualche ratto di fogna che spaccia roba pesante. - Michele, non mi va di sentirti parlare di questi argomenti: mi sembra che ti sporchino. - Mi sporcano perché sono sporchi, Antonia. - Ora mi sento meglio, posso andarmene: grazie di tutto. - Eh no, troppo comodo: non te ne andrai di qui prima di avermi detto la verità. - Che ti prende? Che tono sarebbe questo? - Mi hai raccontato balle per anni: ora esigo di sapere cos'è successo in casa mia mentre io lavoravo giorno e notte per mandare avanti la baracca per tutti, te compresa. Chiaro? - Scusami, hai ragione. - Lo so che ho ragione. E ora parla. - Cosa vuoi sapere esattamente? - Voglio sapere se mio fratello è un tossico. Puoi rispondere solo sì o no. - Michele, io... - Sì o no. - Sì, lo è stato. - E tu lo sapevi, vero? - Io pensavo... - Non me ne frega un cazzo di cosa pensavi. Chi è stato? - Michelle. - Come immaginavo. È una donna estremamente pericolosa, è assurdo che porti il mio stesso nome. Cosa sai di lei? - Quasi nulla: Emmanuel non parla mai di lei. Ha sofferto moltissimo, e non solo fisicamente. - Era innamorato di lei? - È difficile distinguere l'amore dalla dipendenza. Di sicuro lei non lo amava. - Cosa voleva da lui? - Forse solo divertirsi un po’: tuo fratello è un bellissimo giocattolo per una ragazza viziata come lei. Lo ha smontato pezzo per pezzo. O forse qualcosa di peggio: quella gente si diverte ad uccidere, hanno il culto delle vittime sacrificali. Fa parte della loro religione. - Quale gente? Quale religione? - Lo sai che Torino è piena di sette strane: lei è una specie di sacerdotessa di una di quelle, o qualcosa di simile. - Pazzesco. Quella ragazza è figlia di amici di famiglia, gente stimata da tutti, compresi mio padre e mia madre. - Quelli che i tuoi stimano e riveriscono sono quasi tutti gente orribile. - Perché non me l'hai hai mai detto? - Per non farti preoccupare inutilmente. - Inutilmente? - Ho cercato di tirarlo fuori da sola, Michele, e c’ero riuscita. Aveva smesso completamente, stava bene. - Posso sapere come l'hai tirato fuori? - Nell'unico modo possibile. - Quale modo, Antonia? - Sostituendo una dipendenza con un'altra. - Scopate terapeutiche? - Michele, ma come ti esprimi? Fai sembrare tutto disgustoso. - Io lo faccio sembrare? - Non puoi nemmeno immaginare che periodo sia stato quello. Da quel che ho capito c'era di mezzo anche un uomo: Emmanuel era completamente fuori di testa. - Cosa? Un uomo? - Non allarmarti: Emmanuel non è un pervertito, stava semplicemente molto male. Ha smesso quasi subito di frequentarli quando stava con me. Voleva essermi fedele. - Quasi subito? Fedele? - Lo so, detto così sembra assurdo, ma a viverlo era diverso. - Ma come sei potuta cadere così in basso, Antonia? Questo non ha niente a che fare con l'amore! - Non è come pensi. Ti prego di credermi, anche se tutte le apparenze sono a mio sfavore. - A parte il disgusto, hai rischiato di prenderti delle gravi malattie e di trasmetterle anche a me: non ci hai pensato? - Le mie analisi sono a posto, non hai nulla da temere. È stato un periodo tremendo, ho quasi dato la vita per lui. Per fortuna è finita: ora ci penserà Arianna. - In che senso hai quasi dato la vita per lui? Che cazzo è successo alle mie spalle, Antonia? - Basta Michele, non voglio più parlarne. - Ma vaffanculo, Antonia, questo è troppo. Vattene, sento che potrei non rispondere più delle mie azioni. - Vedi? È come ti avevo detto: neanche il migliore degli uomini è al riparo dalla violenza. Fammi passare. - Aspetta, torna qui. - Non provare a toccarmi. Stammi lontano, devo proteggere il bambino: ti avverto, potrei uccidere per lui. - Sta' tranquilla, non ho nessuna intenzione di toccarti. All’improvviso mi rendo conto che non riesco più a sopportare la tua presenza: convivi con la negatività da troppo tempo. Mi disgusti. Non c’è modo di uscire da questa storia se non cancellando il tuo personaggio. - Credevo di averti spiegato che anche tu convivi con la negatività, solo che non la riconosci come tale. Evidentemente non hai capito, ma ormai non è più importante, visto che ti disgusto. - Vedi, c’è una differenza fondamentale tra me e te: io la negatività la respingo con la positività, tu invece la lasci entrare dentro di te. - È vero, la tua positività è come uno scudo e per ora ti protegge: ma, come vedi, non abbastanza. Fa’ attenzione, Michele: sei circondato da nemici che classifichi come amici, perciò sei in pericolo. Mi ricordi Giuliano. - Giuliano chi? - L’imperatore, quello che i cristiani chiamano Apostata. Andò a combattere senza indossare la corazza e morì a trentadue anni, colpito in pieno petto da un giavellotto amico. - Uno di questi nemici travestiti da amici sei tu, Antonia. - Hai ragione: avrei dovuto essere la tua corazza e invece ti ho pugnalato nella schiena. Passami la giacca, per favore. - Aspetta. - Che c'è ancora?