Bastiano: Allora, ragazzi, tutto a posto? Fra cinque minuti si va in scena e voglio essere sicuro che tutto giri come un orologio svizzero. Tu, Emilio, ti sei calato bene nella parte? Emilio: Ovviamente. Elettra: Guarda che non è che siccome è mimata è meno importante: hai presente Jacques Lecoq e Marcel Marceau? O meglio ancora, Jean-Louis Barrault in Les enfants du Paradis? Emilio: Lo conosco a memoria, quel film. Bastiano: Anzi, se riesci fammi un’espressione tipo coso… come si chiamava… quello che non sorrideva mai… Elettra: Buster Keaton. Bastiano: Ecco, proprio lui: voglio un’intensità del genere, so che ce la puoi fare. Emilio: Certo. Non hai visto il trucco? Bastiano: Perfetto, sembri proprio una maschera tragica, come lui. Vai benissimo. Elettra: Oh, Pinuccio, quanto a te: mi raccomando, questo è un testo esistenzialista. Bastiano: Eccerto Pinù: è un testo profondo, di una particolarissima intensità: se non me la fai emergere il pubblico rischia di non cogliere e sprechiamo un’occasione. Pinuccio: L’abbiamo provata almeno cento volte, Bastià. E poi devo solo leggere, non devo nemmeno saperla a memoria: c’è il leggio in scena. Elettra: A maggior ragione: non si deve percepire la lettura, devi tirare fuori tutta l’intensità implicita nel brano. E devi essere in perfetta sintonia con la colonna sonora di Battiato: “La cura” impone la massima profondità interpretativa. Pinuccio: Lo so. Bastiano: Conosco le tue doti e so di cosa sei capace. Ti dico solo questo: tira fuori il massimo da te stesso, okay? Non è che perché in sala c’è tua sorella con tuo nipote devi rilassarti, il pubblico merita sempre tutto il nostro impegno. Pinuccio: D’accordo. Elettra: In scena, ragazzi, il sipario si sta alzando. Tutti e quattro: Merda, merda, merda. Si alza il sipario. Applauso di cortesia da parte del pubblico. Pinuccio (con tono grave): Quella che ascolterete, signore e signori, non è una storia come tante altre. È una storia vera. È un esempio di vita, una luce di speranza che brilla per tutti noi nel buio di un'esistenza piena di falsi clamori. Ascoltate. Parte “La cura” di Battiato (versione strumentale). Emilio entra in scena. Chi era? Era forse un eroe? No. Era solo un ragazzo. Ma in quel ragazzo, come per incanto, dovevano sbocciare tutte le più belle virtù, il giorno in cui una salamandra lo morse, ed egli, dopo un attimo - solo un attimo - di esitazione, le rese grazie e la schiacciò con gli scarponi da moto. Fu solo un attimo, ma che attimo: in quell'attimo gli si dischiusero le porte dell'infinito. No, non era un eroe. Era un ragazzo come tanti. Aveva un nome come tanti: Gottardo. Si sente qualche risatina tra il pubblico. Gottardo era buono, gentile, servizievole. Ma non era solo buono: era anche cattivo, arrogante, violento. Gottardo era bello, dolce, affascinante. Ma non era solo bello: era anche brutto. Gottardo aveva splendidi capelli biondi. Ma non era solo biondo: era anche calvo. Si sente di nuovo qualche risata tra il pubblico. Bastiano (da dietro le quinte): Bravo Emilio, così: tieni la scena. Maschera tragica. Stai andando alla grandissima. Sì, Gottardo era tutto questo: buono, cattivo, bello, brutto, biondo e calvo, e tutto con la stessa naturalezza. Sorrideva, ed era triste. Odiava con tutta la forza dell'amore. Aveva l'indomabile energia di una gallina. Correva come un sasso, saltava come un papavero, nuotava come l'aglio. Aveva in sé la perfetta letizia di una zebra (leggera perplessità da parte di Pinuccio). Ancora qualche risata tra il pubblico. Bastiano (da dietro le quinte): Ma che fanno ‘sti stronzi, ridono? Pinù, che cazzo mi guardi? Parti con la scena madre. E un giorno, finalmente, le sue virtù ebbero modo di manifestarsi. Era dicembre, una giornata orribile. Faceva freddo, un freddo tremendo. Gottardo vide il piccolo negozio davanti a sé, simile al miraggio di un presepe. Senza esitazione vi entrò, si guardò attorno, chiese otto etti, ma che dico, otto chili di pizza, la pagò fino all'ultimo centesimo ed uscì barcollando, col suo piccolo tesoro stretto al cuore. Ma mentre stava per addentarla, vide un bambino lacero e stracciato, tutto tremante, che lo fissava con le lacrime agli occhi. Elettra (da dietro le quinte): Più pathos, Pinù, più pathos! Pinuccio continua esattamente con lo stesso tono. Che avrebbe fatto un altro suo posto? Che avrebbe fatto? Si sarebbe voltato dall'altra parte. Avrebbe dato la colpa alla cattiva sorte. Avrebbe pensato: "Tanto peggio per lui". Forse avrebbe gettato al poveretto dieci centesimi. Forse anche venti. O forse, più banalmente, avrebbe diviso la pizza col bambino. Ma Gottardo no: Gottardo era diverso. Gottardo prese tutta la pizza, l'avvolse nella sua carta oleata, e senza alcuna esitazione la gettò nel bidone della spazzatura. Che dire di questo suo gesto? Come definire una persona del genere? Qualcuno urla: “ ’A stronzo!”. Fischi e risate da parte del pubblico. Parte un applauso. Bastiano (da dietro le quinte): Pinù, ma che minchia fai? Torna in scena. Elettra (da dietro le quinte): Vai a prenderti l’applauso con Emilio, te lo sei meritato. Bastiano: Ma tu guarda ‘ste teste di minchia, non me l’avranno mica presa per una scena comica?...