- Senti, non è che ci stai andando un po' troppo pesante negli ultimi tempi? Non mi va di prendermi certe responsabilità con il figlio di amici di famiglia. - È tutto sotto controllo, non preoccuparti. - Sì. E domani arriva Babbo Natale. Si china su di me. - Qual è la tua renna preferita? - Quella col naso rosso. Mi morde delicatamente il labbro superiore. - E come si chiama? Mi riesce difficile rispondere con la sua lingua infilata in bocca. Sono doppiamente in difficoltà perché in casi del genere sono preso da timori di vario genere, l'alito magari un po' pesante, gli occhi che diventano strabici per l'eccessiva vicinanza, il tentativo ridicolo di articolare una risposta mentre la lingua è impegnata a fare altro. - Rudolph - farfuglio. Scoppia a ridere. - Sei un tipo da fumetti tu. Scommetto che leggi ancora Topolino. - Sì, qualche volta. - Normale. Del resto anche Disney è dei nostri. - In che senso? - Sei proprio un bambino. O una bambina? Ora vediamo. Infila una mano fra le mie cosce. Mette su Inhuman dei S.Y., un punk sgangherato che adoro, e si ricomincia. Ce la metto tutta anche stavolta, non risparmio le forze. Sono le cinque quando smettiamo, è passata più di un'ora e sono soddisfatto di com'è andata; mi sto riposando al suo fianco senza pensare a nulla, mentre lo stereo suona Street spirit; frequentando Gerti, se non altro, sto scoprendo della gran musica. Ieri mi ha lasciato senza fiato: mi ha regalato un bootleg di Old Age in versione acustica, rivelandomi in assoluta anteprima che è un brano scritto da Kurt. Ero incredulo. - È un bel pezzo, ma non mi risulta che l'abbia composto lui. Sei sicura di quello che dici? Ha risposto colpendo la palla di sponda, come fa spesso: - Il nastro è stato registrato nel '91. - Impossibile, è uscito nel '93. - Ascoltalo e capirai. Quando ho acceso lo stereo lo shock mi ha tramortito: era proprio la sua inconfondibile voce, la sua straordinaria voce straziante e ipnotica; cantava quel brano nell'intimità della sua casa accompagnandosi con la chitarra, interrompendosi, saggiando le corde, provando un paio di accordi e poi riprendendo a suonare. Lo stava componendo. Avevo il privilegio di assistere al processo creativo di un brano che tutti attribuivano ad altri, una delle tante ingiustizie commesse ai danni di quella creatura luminosa e fragile. Mi chiedevo come Gerti fosse riuscita a procurarsi quell'incredibile rarità: tremavo per l'emozione e avevo il cuore in gola. Lei mi guardava a braccia conserte, osservando dall'alto della sua superiorità la mia reazione infantile. - Domani vedo se mi riesce di procurarti Do-Re-Mi e la cover di And I love her. - Cosa? Ha fatto anche una cover dei Beatles? - Oui, mon enfant. Ho pensato che forse anche i dèmoni, in un loro strano modo, sanno amare. Mi sbagliavo. Si sente suonare alla porta. Lei si appoggia su un gomito, mi guarda fisso, s'infila in bocca il mio dito indice e lo succhia pensosamente per qualche istante. - È Carlos. Che dici, ti va se lo rifacciamo con lui? M'è rimasta un po' di voglia. Non riesco a risponderle. Sono troppo occupato a liberarmi dai calcinacci del soffitto che improvvisamente mi è crollato addosso. Si sdraia sopra di me, sorride e mi bacia le palpebre. Tengo gli occhi chiusi e mi mordo a sangue le labbra. Sto lottando per non piangere e lei sa che non ci riuscirò. Porta la mano fra le mie gambe: - Povero passerotto, senti com'è freddo e triste. Volto la testa di lato. Raddrizza il mio viso ed appoggia le labbra aperte sulle mie. Stringo i denti per non lasciarmi andare, turbinando in un vortice di schegge taglienti, rendendomi conto che in questo momento il sesso mi sconquasserebbe totalmente; il mio diaframma si contrae, lei immerge le dita nelle mie lacrime e la sento sospirare, contrarsi, gemere, la mia sofferenza le procura un intenso piacere. È un altro dei suoi giochi. Non so quanto tempo sia passato quando riemergo a fatica dal naufragio. Apro gli occhi, mi alzo a sedere spossato con la testa che mi gira; mi guardo intorno: lei non c'è. Entra in camera dopo qualche minuto con un bicchiere di succo d'arancia rossa. Si siede sul letto accanto a me e mi porge il bicchiere. Bevo avidamente. Mi sento come se avessi la febbre. - Scusami, - le dico - mi sono comportato come un bambino. - Non fa niente, - dice indulgente - hai ragione tu. Le sue parole mi confortano, il suo tono di voce mi rassicura: evidentemente ha capito. Vorrei che mi passasse la mano sulla fronte calda come fanno le madri quando i figli sono a letto malati; invece sorride e dice: - È solo questione di non farvi incontrare. Rimango interdetto per un attimo: - Incontrare chi? - Tu e Carlos. Mi porge la maglietta e i jeans. - Se non ti va di vederlo non c'è problema: lo faccio entrare dopo che sei andato via. Dai su, rivestiti, è mezz'ora che aspetta in anticamera.